IL LICENZIAMENTO DEL LAVORATORE PER ASSENZA AL CORSO SULLA SICUREZZA

Il Testo Unico prevede che ogni lavoratore abbia l’obbligo di “prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro” e, più nello specifico, che abbia l’obbligo, penalmente sanzionato, di “partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro” (art.20 commi 1 e 2 lett.h) D.Lgs.81/08).

L’ obbligo del lavoratore di partecipare agli incontri formativi ha contemporaneamente natura legale e contrattuale, con la conseguenza che il lavoratore che non osserva tale precetto normativo viola da un lato una norma penale e dall’ altro il contratto di lavoro.

Proprio quest’ultimo aspetto connesso al rapporto contrattuale tra datore di lavoro e lavoratore è stato al centro di una recentissima sentenza (Cassazione Civile, Sez. Lav., 7 gennaio 2019 n.138), con la quale la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un lavoratore licenziato “a seguito di lettera di addebito con cui era stata contestata una assenza ingiustificata, per non avere preso parte alla formazione obbligatoria sull’accordo Stato-Regioni, con contestuale contestazione della recidiva in riferimento a due analoghe condotte sanzionate con provvedimenti di natura conservativa”.

In sostanza, la Corte ha ritenuto che la mancata partecipazione al corso di formazione in materia di sicurezza sul lavoro organizzato dall’ azienda abbia rappresentato “una grave violazione, da parte del lavoratore, degli obblighi di diligenza e di fedeltà ovvero delle regole di correttezza e di buona fede, di cui agli artt.1175 e 1375 c.c., tale da ledere in via definitiva il vincolo fiduciario e di rendere proporzionata la sanzione irrogata ovvero il licenziamento”.

 

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